BNP AM

The sustainable investor for a changing world

| Articolo - 7 Min

Weekly market update – Mantenere la rotta

Questa settimana i mercati sono stati attanagliati dall’apprensione per le potenziali ricadute sul sistema bancario della brusca fine, nel 2022, del regime di bassi tassi d’interesse. Dopo 40 anni di cali dell’inflazione e dei tassi d’interesse, la pandemia di Covid ha provocato un cambiamento dei fondamentali macroeconomici, innescando un inasprimento senza precedenti della politica monetaria da parte della Federal Reserve statunitense e della Banca Centrale Europea. La Fed e la BCE si trovano ora ad affrontare la sfida di perseguire il loro mandato di garantire la stabilità dei prezzi senza compromettere quella finanziaria.

La volatilità dei mercati finanziari ha subito un’impennata (si veda Grafico 1) a seguito dell’improvviso collasso di due banche commerciali statunitensi di medie dimensioni: la Silicon Valley Bank (SVB) e la Signature Bank (SBNY). Il loro tracollo è stato causato da una crisi di fiducia e da una conseguente corsa al ritiro dei depositi.

La vulnerabilità della SVB era dovuta ad investimenti in Treasury statunitensi a lunga scadenza effettuati in un periodo in cui i tassi d’interesse erano molto più bassi di oggi. Non avendo coperto adeguatamente il relativo rischio, la banca è stata quindi costretta a vendere in perdita per soddisfare le richieste di fondi dei clienti. La notizia di tali perdite ha fatto risuonare un campanello d’allarme tra gli investitori, preoccupati che altre istituzioni finanziarie potessero risultare altrettanto vulnerabili alla luce del cambiamento di paradigma nel regime dei tassi d’interesse.

Interventi della Fed per ripristinare la fiducia

Al fallimento di SVB ha fatto seguito quello di Signature Bank, innescato ancora una volta da una crisi di fiducia e da una corsa ai depositi. Come per SVB, anche il business model di Signature Bank era insolito, in quanto la banca si concentrava per lo più su grandi depositi provenienti dalla divisione asset digitali.

Per ripristinare la fiducia nel sistema bancario statunitense, il 12 marzo le autorità di regolamentazione hanno annunciato che tutti i depositi di SVB e Signature Bank sarebbero stati garantiti dalle autorità nazionali.

La stessa Fed metterà a disposizione ulteriori finanziamenti per permettere alle due banche di “soddisfare le esigenze di tutti i depositanti” attraverso nuovi finanziamenti a termine dedicati (il cosiddetto “Bank Term Funding Program” o BTFP). Questo programma offrirà crediti alla pari per un periodo massimo di un anno alle banche che si impegnano con Treasury, titoli garantiti da ipoteca e altre forme di collaterale di alta qualità. Con questo sistema, la pressione esercitata dalle valutazioni mark-to-market risulta alleviata per un anno.

Le banche statunitensi supportano gli istituti regionali

Il 16 marzo, un gruppo di 11 banche statunitensi ha annunciato di voler depositare 30 miliardi di dollari presso la First Republic Bank, con sede a San Francisco, in uno sforzo congiunto per sostenerne il sistema finanziario e limitare le ricadute sugli istituti regionali.

Quattro delle maggiori banche americane – JPMorgan Chase, Bank of America, Citigroup e Wells Fargo – hanno contribuito con 5 miliardi di dollari ciascuna. Goldman Sachs e Morgan Stanley verseranno invece 2,5 miliardi di dollari ciascuna, mentre BNY Mellon, PNC Bank, State Street, Truist Financial e US Bancorp aggiungeranno un altro miliardo a testa.

Le banche hanno dichiarato che i depositi non sono assicurati, il che li rende di fatto un’espressione di fiducia nel futuro di First Republic. Nell’annunciare i depositi, i vari istituti hanno inoltre specificato che i recenti eventi non hanno compromesso il sistema bancario in generale e che l’obiettivo è dispiegare la forza finanziaria “dove è più necessaria”.

Pare che a orchestrare l’accordo siano stati il Segretario del Tesoro statunitense Janet Yellen e il Presidente della Fed Jerome Powell. Entrambi infatti hanno definito “molto gradita” la dimostrazione di sostegno a First Republic. Il prezzo azionario della banca ha chiuso il 16 marzo in rialzo di quasi il 10%, annullando le perdite precedenti, mentre l’indice S&P 500 è salito dell’1,8%, segnando il miglior giorno da gennaio.

Effetto domino all’Europa

Gli eventi negli Stati Uniti hanno messo in moto una ricerca a tappeto degli “anelli deboli” della catena bancaria. Il 15 marzo si è verificata una ricaduta in Europa, nonostante il diverso contesto fondamentale e normativo.

Infatti, dopo un crollo del prezzo delle azioni di circa il 30%, proprio il 15 marzo Credit Suisse (CS) si è vista costretta a chiedere sostegno alla banca centrale svizzera. Il tutto dopo che la Banca Nazionale Svizzera (BNS) e l’Autorità di Vigilanza sui Mercati Finanziari FINMA avevano rilasciato una dichiarazione in cui affermavano che i problemi di alcune banche statunitensi non rappresentano un rischio diretto di contagio per i mercati finanziari svizzeri.

Ad ogni modo, la BNS si è detta pronta a fornire liquidità a CS ove necessario. Credit Suisse non si è lasciata sfuggire l’occasione e ha annunciato di voler intraprendere un’azione decisiva per rafforzare preventivamente la propria liquidità, intendendo prendere in prestito dalla BNS fino a 50 miliardi di franchi nell’ambito di una Covered Loan Facility e di una linea di liquidità a breve termine, interamente garantite da attività di alta qualità.

CS ha inoltre dichiarato che riacquisterà 3 miliardi di franchi svizzeri (3,2 miliardi di dollari) in titoli di debito senior.

Il 16 marzo i mercati hanno reagito positivamente a questi sviluppi, con l’indice bancario EuroSTOXX 600, che comprende le principali banche della regione, in leggero rialzo.

Come procederanno Fed e BCE?

Dopo il crollo di SVB e la chiusura di Signature Bank, ci aspettiamo che la Fed cerchi di separare la politica monetaria dalle tensioni e dalle difficoltà del mercato a breve termine. Ecco perché prevediamo che il 22 marzo il Federal Open Markets Committee (FOMC) proceda a un aumento di 25 punti base del tasso sui fondi federali.

Le pressioni sui finanziamenti sono destinate ad accelerare l’inasprimento degli standard di prestito bancario in corso da un anno, traducendosi in: 

  1. un calo delle emissioni di obbligazioni societarie, particolarmente accentuato nel settore del leveraged finance
  2. un inasprimento degli standard di prestito delle banche, come risulta dall’indagine condotta dalla stessa Fed tra i senior loan officer, con in testa le banche regionali 

È probabile che la Fed voglia evitare di sorprendere i mercati con la decisione sui tassi di marzo.

Per questo i funzionari contano sul Primary Dealer Survey (la cui scadenza è stata prorogata di un giorno), che farà più chiarezza sulle aspettative degli operatori di mercato. I risultati del sondaggio saranno fondamentali per determinare l’andamento dei mercati ed elaborare una strategia. Ciò potrebbe comportare, ad esempio, un intervento pubblico del presidente Powell nel fine settimana, o magari un comunicato stampa per i media.

Drastiche rivalutazioni sui mercati

Gli eventi negli Stati Uniti hanno generato una notevole volatilità sui mercati degli asset. A un certo punto, il rendimento del Treasury a 2 anni è sceso di quasi 120 pb rispetto al livello di una settimana prima.

Le turbolenze nelle banche regionali statunitensi hanno alimentato l’incertezza sul percorso dei tassi della Fed a breve e medio termine, con un’ampia divergenza fra i possibili risultati. Le aspettative sui tassi di fine 2023 hanno subito forti oscillazioni infragiornaliere e hanno attraversato un range di quasi 200 pb in meno di una settimana.

Sebbene sia improbabile registrare altri movimenti giornalieri di 50 o più punti base, la volatilità sembra destinata a rimanere elevata. I mercati devono trovare un equilibrio tra la prosecuzione del ciclo di rialzo dei tassi e un probabile impulso alla contrazione dei crediti e la possibilità che la Fed tagli i tassi prima del previsto.

È probabile che l’inversione nella curva dei rendimenti dei Treasury si ridimensioni, poiché un tasso terminale più basso potrebbe far aumentare il rischio di inflazione e i premi a termine. Al contrario, un rapido indebolimento dell’economia statunitense potrebbe innescare un nuovo irripidimento della curva, trainato da un rally del debito a lunga scadenza.

Dopo la caduta precipitosa all’apertura delle negoziazioni di lunedì, l’indice delle banche regionali S&P 1500 non ha ancora evidenziato una ripresa sostenuta, ma non ha nemmeno battuto il minimo stabilito lunedì.

Le misure di rafforzamento del settore bancario non destano preoccupazione tra gli operatori di mercato. Il “TED Spread” non indica attualmente un crollo della fiducia. Questo parametro misura il divario tra il tasso di prestito delle banche, tipicamente rappresentato dalla differenza tra il Libor (London Interbank Offer Rate) e l’equivalente rendimento dei buoni del Tesoro. Più alto è lo spread, maggiore è la diffidenza tra le banche.

La BCE mantiene la rotta

Come ampiamente previsto, il 16 marzo il Consiglio Direttivo ha aumentato di 50 pb i tre principali tassi d’interesse della BCE. Si è trattato del terzo rialzo consecutivo di 50 pb, dopo due incrementi di 75 pb, che ha portato il tasso sui depositi al 3%, ovvero 350 pb oltre il livello registrato all’inizio di questo ciclo di inasprimento monetario a metà del 2022.

L’ultimo intervento di politica monetaria sottolinea la determinazione della BCE a garantire il tempestivo ritorno dell’inflazione al target di medio termine del 2%.

Pur ammettendo che l’elevata incertezza attuale rende imprescindibile un approccio alle decisioni sui tassi di riferimento dipendente dai dati, la BCE ha ribadito nel suo comunicato che la politica monetaria sarà guidata dalle valutazioni sulle prospettive di inflazione alla luce dei futuri dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione sottostante e dell’efficacia nella trasmissione degli effetti della politica monetaria.

Nuove previsioni macroeconomiche della BCE

Le nuove previsioni sono state finalizzate all’inizio di marzo, prima delle recenti tensioni sui mercati finanziari. La BCE ha notato come tali difficoltà abbiano comportato un’ulteriore incertezza sulle valutazioni di base dell’inflazione e della crescita.

Prima degli ultimi sviluppi, il percorso di base dell’inflazione primaria tacciato dalla BCE era già stato corretto al ribasso, soprattutto alla luce di un rincaro dei prezzi dell’energia inferiore alle precedenti stime.

La BCE prevede un’inflazione primaria media del 5,3% nel 2023, del 2,9% nel 2024 e del 2,1% nel 2025. Al contempo, però, ritiene che le pressioni sottostanti sui prezzi rimarranno elevate. L’inflazione al netto di energia e generi alimentari ha continuato a salire a febbraio e i funzionari della BCE prevedono un tasso medio del 4,6% nel 2023 (superiore alle proiezioni di dicembre).

Successivamente, l’inflazione core dovrebbe scendere al 2,5% nel 2024 e al 2,2% nel 2025, man mano che si affievoliranno le pressioni sui prezzi dovute ai vari shock dell’offerta e alla riapertura dell’economia e che la politica monetaria più restrittiva frenerà sempre più la domanda.

Strategia di investimento

Il nostro team multi-asset ha aperto una posizione di sottopeso in duration sui titoli sovrani europei dopo che i Bund tedeschi a 10 anni hanno superato il limite inferiore del loro recente intervallo.

Si è trattato di una mossa interamente guidata dalle valutazioni, che ha cercato di sfruttare quelle che il team considera oscillazioni eccessive dei mercati obbligazionari, come ad esempio il calo di 50-55 pb dei rendimenti dei Bund e dei titoli di Stato francesi (OAT) a 10 anni.

Poiché questa settimana ha fornito ampie prove della capacità dei mercati guidati dal sentiment di influenzare gli eventi, non possiamo escludere ulteriore volatilità. Le banche centrali hanno comunque dimostrato di essere pronte a mantenere la stabilità finanziaria. Ci aspettiamo quindi che non trascureranno nemmeno l’altra metà del mandato, ossia la stabilità dei prezzi.

Disclaimer

Si prega di notare che gli articoli possono contenere termini tecnici. Per questo motivo potrebbero non essere adatti ad un lettore senza esperienza professionale in materia di investimenti. Qualsiasi opinione qui espressa è quella degli autori alla data di pubblicazione, si basa sulle informazioni disponibili e può essere modificata senza preavviso. I singoli team di gestione del portafoglio possono avere opinioni diverse e prendere decisioni di investimento diverse per i diversi clienti. Il valore degli investimenti e il rendimento da essi generato possono aumentare o diminuire ed è possibile che gli investitori non recuperino l’importo originariamente investito. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. L’investimento nei mercati emergenti o in settori specializzati o ristretti può presentare una volatilità superiore alla media, a causa di una forte concentrazione, di maggiori incertezze dovuta alla minore quantità di informazioni disponibili, alla minore liquidità o alla maggiore sensibilità ai cambiamenti delle condizioni di mercato (sociali, politiche ed economiche). Alcuni mercati emergenti offrono meno sicurezza della maggior parte dei mercati sviluppati internazionali. Per questo motivo, i servizi per le operazioni di portafoglio, la liquidazione e la conservazione per conto dei fondi investiti nei mercati emergenti possono comportare maggiori rischi.

Approfondimenti correlati

Ottieni approfondimenti e analisi su argomenti di tendenza da oltre 500 esperti di investimento.
BNP AM
Esplora VIEWPOINT oggi